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Mancini, Antonio.

Pittore italiano. Dodicenne, cominciò a frequentare l'Istituto di Belle Arti di Napoli; in contrasto con l'indirizzo accademico che attingeva dalle vicende ufficiali i soggetti rappresentabili, preferì volgersi verso quella Napoli popolana e pittoresca inesauribile di spunti. Di questi primi anni sono Lo scugnizzo (1868), Il violinista e il famoso Prevetariello, di notevole penetrazione psicologica (1870). Nel 1872, durante un viaggio a Venezia, rimase soggiogato dalla luminosità delle opere di Tiziano e Veronese. Recatosi a Parigi in due epoche successive (nel 1872 per partecipare con due opere al Salon di Parigi; e nel 1875), rimase del tutto impermeabile alle influenze impressioniste. Seguirono anni di lavoro intensissimo (Il saltimbanco, La modella) e di frequenti viaggi a Parigi, a Londra, all'Aja: occasione per conoscere Rembrandt e Vermeer, dai quali trasse nuovi stimoli sul problema della luce. Intanto la sua fama andava consolidandosi: nel 1900 dipinse il Ritratto della Signora Pantaleoni, uno dei più significativi della pittura di quell'epoca. Nell'ultima fase della sua attività raggiunse un'espressività impetuosa talvolta inserendo nella pasta colorata e sovrapposta in più strati, pezzetti di carta o di stoffa e perfino di metallo e di vetro che a distanza accentuano gli effetti di luminosità. Nel 1910 di nuovo si recò a Londra, poi a Dublino, in Olanda, in Germania. Nel 1927 si tenne a Roma l'ultima applauditissima mostra riassuntiva, cui seguì due anni dopo la nomina ad accademico d'Italia (Albano Laziale 1852 - Roma 1930).